Percorsi di ricerca e libri
Ciò ha comportato inizialmente un programma di ricerche empiriche volte a leggere dall’interno le dinamiche educative, per identificarne le potenzialità e i limiti, in un confronto il più possibile ravvicinato fra ipotesi e verifiche, per mantenere fra loro in tensione costante l’esigenza di legittimazione etica e l’esigenza di realizzazione tecnica, attraverso una mediazione pedagogica e politica, che rendano possibile l’incontro fra mondi vitali e mondi istituzionali.
a) Storia, sociologia e teoria della scuola.
Due ricerche empiriche condotte su campioni nazionali riguardano in particolare la cerniera dei rapporti fra scuola e società: Scuola e famiglia Dai comitati ai consigli Roma, Armando, Roma 1978 e La comunità incompiuta (download). Crisi e prospettive della partecipazione scolastica, Vita e Pensiero, Milano 1979.
Lavorando con un approccio multidisciplinare sui dati emersi, ho individuato non solo le cause che hanno ostacolato e rallentato il processo comunitario scolastico, facendo degli organi collegiali un supporto statico anziché un propulsore dinamico della scuola, ma anche le potenzialità inespresse e le prospettive disponibili per un riadattamento interpretativo del disegno comunitario introdotto nel 1974, per arrestarne la svaporazione ideologica e la degenerazione burocratica.
La tematica è stata ripresa in prospettiva ermeneutica e fenomenologica nel volume Essere scuola nel cantiere dell’educazione, Seam, Roma 1996, 2 ristampe (download), che ricostruisce le ragioni dell’impresa educativa scolastica, a partire dai testi prodotti dagli studenti che, nei convegni nazionali che ho promosso e contribuito a realizzare nell’ambito del Progetto Giovani 93 del MPI, hanno vissuto l’esperienza scolastica con mentalità «istituente». Lo slogan della Conferenza nazionale del Progetto Giovani (febbraio 1993) era “essere scuola, non esserci solo dentro”
Nel libro sono partito dalla sfida della vita all’educazione e alla scuola, per identificare le dimensioni personali e sociali dell’essere scuola. La prospettiva esistenziale s’intreccia con quella istituzionale, in un «cantiere», in cui si “edificano” sia le personalità dei giovani, sia le strutture, le mentalità e le conoscenze di cui ha bisogno una «paideia» che voglia essere all’altezza di un’umanità interessata a garantirsi un futuro “umano”.
Il riferimento alla problematica della famiglia è stata una costante del mio impegno di analisi e di proposta relativo alla scuola, come risulta dai libri prima citati. Una sintesi dal titolo Educare in famiglia e alla famiglia si trova in R.Balduzzi e I. Sanna (a cura di) Ancora famiglia?. La famiglia fra natura e cultura, Ave, Roma 2007.
Intesa in senso ampio, la salute è letta “in spirito di fedeltà alla scuola e ai suoi compiti, nella convinzione che non ci sia e non ci debba essere invincibile opposizione fra mondi vitali e mondi istituzionali, fra questioni esistenziali e questioni di scienza e di cultura, fra educazione e istruzione.” Il concetto di salute occupa in tal modo, con riferimenti psicologici ed esistenziali attenti alla problematica giovanile e scolastica di fine secolo, lo spazio teoretico e pedagogico che è stato per decenni occupato dal concetto di persona. Di ogni circolare dedicata all’educazione alla salute, a partire dal 1972, ho fornito una sintesi con essenziali citazioni, che consentono di apprezzare gli elementi di continuità, gli elementi di novità e le svolte caratterizzanti questa problematica, nonché le iniziative che vi sono collegate.
I progetti che ne dipendono (Giovani 93/2000, Ragazzi 2000 e Genitori) e che il Ministero ha lanciato, monitorato e incrementato con una serie di circolari “interattive” (nel senso che il gruppo di lavoro nazionale partecipava alle iniziative promosse dalle scuole e dava conto successivamente dei risultati ottenuti), hanno consentito di stabilire un flusso di relazioni sia istituzionali sia personali fra il gruppo di lavoro nazionale operante presso l’Ufficio Studi del Ministero, e poi anche nell’apposito comitato tecnico-scientifico previsto dalla legge 309 /1990, e un consistente numero di studenti, docenti, presidi e provveditori delle varie province.
Nei cinque anni in cui l’attività di promozione e di sostegno di questi progetti è stata più intensa, si sono realizzati tre convegni nazionali di rappresentanti degli studenti, con i quali il protagonismo giovanile ha avuto modo di mettere alla prova la possibilità di “produrre” salute, in relazione agli slogan che ho proposto e che sono stati adottati dalle circolari ministeriali degli anni ’90. Queste infatti legano lo “star bene” ad impegni di tipo “trasversale”: e cioè “star bene con se stessi, in un mondo che stia meglio; nella propria cultura, in dialogo con le altre culture; nelle istituzioni, in un’Europa che conduca verso il mondo”. Di tutto ciò si è dato puntuale resoconto, leggendo i fatti istituzionali e le esperienze che ne dipendono, con lo sguardo di coloro che hanno contribuito a prendere decisioni e a valutarne le conseguenze nella vita delle scuole.
Si tratta del contributo di studio, di ricerca, di esperienza dei partecipanti ad alcuni convegni internazionali sul tema “Affective Education and Teachers’ Training”, organizzati nell’ambito di un pluriennale progetto di collaborazione internazionale “Erasmus”, avviato nel 1994 per iniziativa dell’Università di Warwick e della cattedra di Pedagogia dell’Università di Roma Tre, con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Con l’espressione “Affective Education” si è concordato d’intendere quella parte del processo educativo che si occupa dei sentimenti, delle convinzioni e delle emozioni degli allievi, e in questa prospettiva dei loro comportamenti, sia a livello individuale, sia a livello di gruppo, sia a livello istituzionale. Questo implica un interesse per lo sviluppo personale e sociale dello studente, per la considerazione che questi ha di se stesso e per il desiderio più o meno coerentemente soddisfatto di “ètre bien dans sa peau”, come si dice in Francia. Ma lo star bene è connesso al sapere e al fare bene, ossia agli aspetti cognitivi, a quelli morali, a quelli affettivi e comportamentali della vita individuale e collettiva.
Sono qui affrontate questioni drammatiche, con l’intenzione di cogliere la positività e non solo le patologie dei comportamenti giovanili. Il titolo Il corpo a scuola serve a provocare e a evitare rimozioni ed enfatizzazioni Il riferimento al corpo richiama la relazione educativa alla sua concretezza esistenziale, al di là di visioni materialistiche o idealistiche, permissive o repressive.
Non si dà vera educazione intellettuale che non sia anche educazione affettiva, sociale, morale. Tutto ciò però non è possibile, senza il riconoscimento della corporeità: una corporeità accettata, vissuta, educata nelle sue potenzialità e nei suoi limiti.
Moralismo e indifferentismo, censure e complicità, ma anche competenza, coraggio e senso della misura si alternavano, allora come oggi, in una scuola che si stava ridisegnando sul piano istituzionale, con le norme dedicate all’autonomia e allo “Statuto delle studentesse e degli studenti”.
Il concetto di pedagogia è posto in relazione a due ordinatori generali della riflessione scientifica, qualunque sia l’ambito interno di cui ci si occupa: si allude agli ambiti “generale”, “comparativo”, “sociale”, “sperimentale”, “didattico”. I due ordinatori sono la ricerca e la formazione. La formazione qualifica la ricerca pedagogica più di qualunque altro tipo di ricerca, indicandone sia l’oggetto sia il fine. Il termine formazione si affianca sempre più a educazione e istruzione, anche pretendendo, e non solo per rapidità del discorso, di sostituirle: talora si restringe ai processi che riguardano gli adulti, e non solo sul piano dell’acquisizione o del perfezionamento della professionalità.
La prima parte del volume considera il contesto storico-politico-sociale dell’Europa come sfida all’educazione e alla scuola. Il mondo sul quale si affacciano i giovani, oltre la soglia simbolica aperta sul Terzo millennio, è meraviglioso e terribile: presenta il volto dorato dell’euro, che non è solo moneta comune, ma anche frutto e premessa di conquiste civili e di pur limitate politiche comuni, a lungo sognate e negli ultimi cinquant’anni tenacemente volute da minoranze illuminate; ma presenta anche il volto sofferente e inquietante di emarginati e di stranieri immigrati, che fuggono da paesi resi inospitali da disastri ecologici, sociali, politici, civili, e che alla nostra civiltà europea, ricca di principi, di idee, di risorse, ma anche invecchiata e arroccata in difesa di un diseguale benessere, chiedono dignità, cittadinanza, pane e lavoro. L’orizzonte mondiale richiede oggi capacità di competere e di cooperare, e prima di tutto di sapere, di capire e di credere in sé, negli altri e nel futuro.
I diversi saggi toccano gran parte dei problemi oggi all’ordine del giorno nelle scuole e nelle università, in particolare nelle facoltà di scienze della formazione e nelle sedi di specializzazione all’insegnamento primario e secondario. In ciascuno di questi problemi il “festeggiato” Mauro Laeng ha dato consistenti contributi, come mostrano i saggi a lui dedicati e la bibliografia che lo riguarda. Del sottoscritto curatore ricordo l’ampio saggio relativo all’educazione etico socio civico politica dei giovani.
Nel volume Competizione e solidarietà, FIVOL,Roma 1998 (download), parte della collana «Gioventù domanda», nata dalla collaborazione fra la FIVOL e il MPI, come sviluppo del Progetto Giovani, metto a fuoco, per attivare una riflessione fra gli studenti, categorie fondamentali per la comprensione del mondo contemporaneo, negli ambiti scolastico, economico e politico, a livello nazionale, europeo e mondiale. Il capitolo dedicato alla costruzione dell’Europa si sofferma fra l’altro ad analizzare contenuti e significati dei parametri di Maastricht, in relazione ai problemi del debito pubblico e ai rapporti fra le generazioni. Alcuni brani di studenti particolarmente significativi (fra questi Giovanna Boda e Giacomo Ciriello) arricchiscono il volume, che riferisce fra l’altro sul convegno tenutosi a Strasburgo dagli studenti italiani, a conclusione della prima fase (restata forse l’unica in quella forma) del Progetto Giovani 2000, e che commenta lo Statuto delle studentesse e degli studenti.
Pedagogia per educare Pellegrini, Cosenza, 2006, è il titolo del volume, articolato in quattro parti, dedicate rispettivamente alle ragioni e ai luoghi dell’educazione, alla ricerca dei fondamenti della pedagogia, tra filosofia, scienza e sapienza, all’educazione alla cittadinanza in prospettiva europea e al profilo di Giuseppe Serio. Ho contribuito al volume con tre saggi.
Il volume Educazione civica e cultura costituzionale. La via italiana alla cittadinanza europea, Il Mulino, Bologna 1999, raccoglie il frutto di diversi anni di lavoro condotto intorno alla praticabilità pedagogica e didattica delle cosiddette “educazioni”: ossia dei criteri e delle attività ispirate a contrastare negli alunni la possibile adozione di comportamenti negativi, attraverso il ricorso a valori “trasversali”. Questi entrano precariamente nella scuola come antidoti a una serie di emergenze, che hanno indotto non solo Parlamenti e Governi, ma anche organismi internazionali a raccomandarne l’adozione, in termini sia di educazione, sia di insegnamento e di apprendimento.
La commissioni citate hanno rintracciato all’interno del testo costituzionale i bisogni-diritti-doveri-valori-princìpi, utili allo scopo; e su questa base hanno riscritto i programmi di educazione civica del 1958, nella prospettiva di un curricolo continuo, dalla materna alla secondaria superiore, di educazione etico-socio-civico-politica.
Dopo la presentazione di Romano Prodi, allora presidente della Commissione dell’UE, ho introdotto il discorso con un capitolo aggiornato sul civismo, a cui seguono tre parti, frutto di alcuni fra i più noti studiosi degli argomenti, e la documentazione finale, contenente la direttiva 58 e la premessa ai nuovi programmi di educazione civica, programmi che da allora attendono una forte, convinta e praticabile iniziativa ministeriale.
Avere un “cruscotto” ben fornito di “spie” è sicuramente un vantaggio, per una “navigazione” consapevole e ben assistita, in un periodo di grandi mutamenti tecnologici, e d’impoverimento valoriale.
Fra le educazioni, un posto di rilievo ha sempre occupato nelle mie riflessioni il problema della pace, che appare come sintesi di tutti i beni conseguibili su questa terra, se realizzata nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà, come la sintetizza la Pacem in terris di Giovanni XXIII (1963) .
Ho promosso in merito un convegno alla Statale, in collaborazione con l’UNICEF, con la partecipazione di valorosi colleghi di varie discipline, di cui ho raccolto in contributi nel volume Vivere senza guerra. La pace nella ricerca universitaria, Milano1989 (download). Il problema è quello di concepire un itinerario dal micro al macro, per giungere a disintossicarsi da quella droga che la guerra rappresenta in tutte le sue forme. Al tema ho dedicato anche diversi articoli, alcuni dei quali a don Lorenzo Milani, di cui mi sono occupato in occasione di diversi convegni. Ho partecipato anche ai lavori preparatori della Marcia per la pace Perugia –Assisi (2009)
Ho ripreso successivamente questa problematica presiedendo una sottocommissione istituita dal ministro Fioroni sul tema “Legalità e Cittadinanza”: abbiamo prodotto un documento che ripensa e rilancia una proposta di educazione alla cittadinanza e alla cultura costituzionale (MPI, 23 maggio 2007).
Infine l’ultima occasione di tentare una riflessione e una proposta condivisa di rilancio dell’educazione civica mi è venuta con l’incarico conferitomi dal ministro Gelmini di presiedere un gruppo di lavoro, che ha formulato una serie di proposte, fra cui il Ministro ha scelto la nuova denominazione della disciplina, Cittadinanza e Costituzione, con legge 169 del 2008. Il Gruppo ha prodotto anche le linee fondamentali del Documento d’indirizzo per la sperimentazione dell’insegnamento “Cittadinanza e Costituzione”, firmato dal Ministro il 4 marzo 2009. Per illustrare la legittimità, l’utilità e la possibilità di dare attuazione alla legge, sia pure nell’ambito di un “dimagrimento” di ore dovuto alla crisi economica e finanziaria, ho invitato buona parte dei membri del gruppo e alcuni altri esperti disciplinari a collaborate al volume Cittadinanza e Costituzione. Disciplinarità e trasversalità alla prova della sperimentazione nazionale. Una guida teorico-pratica per docenti, Tecnodid, Napoli 2009 (recensione).
La disciplinarità è vista qui non come sequestro entro un’ora settimanale della grande problematica dell’educazione etico socio civico politica, ma come catalizzatore delle potenzialità di educazione che sono in qualche modo presenti, spesso in modo inconsapevole, in tutte le discipline. Senza questo catalizzatore, capace di concentrare l’attenzione degli studenti, anche in termini di studio sulla mappa giuridica e valoriale fornita dalla Costituzione, la trasversalità rischia di restare solo una generosa ipotesi pedagogico-didattica.
h) Gesualdo Nosengo come pedagogista e come fondatore dell’UCIIM.
UCIIM-AIMC, Armando, Roma 2006 (download), che ripropone in modo sistematico gli editoriali che ho scritto per il mensile “La Scuola e l’Uomo”, dal 1997 al 2006, affrontando fatti, idee, eventi e prospettive che hanno caratterizzato la vita della scuola, della società, dell’UCIIM e della Chiesa nel decennio preso in considerazione. Concludo ricordando che, sul piano editoriale ho diretto la collana “Educazione scuola e società” dell’editrice Seam di Roma, il mensile dell’UCIIM “La Scuola e l’Uomo”, e i notiziari “ARDeP Notizie” e “AIDU Notizie”. Giornalista pubblicista, ho scritto per varie riviste italiane e straniere, anche come membro dei rispettivi comitati direttivi. Sono stato fondatore e direttore responsabile del “Bollettino dell’IRRSAE Lombardia”, dal 1980 al 1990, e di “Studenti & C., mensile del Ministero della PI per i giovani e viceversa” (1995-1996).